Il nodo della legge elettorale, in un
momento di incertezza politica come quello che stiamo
vivendo, si ripropone in modo ineludibile .
Di fronte alla prospettiva di una
crisi di governo che porterebbe inevitabilmente ad elezioni
anticipate, si sta riproponendo uno scenario già visto.
Tutti dicono di volere abrogare il “porcellum”, ma pongono
condizioni inaccettabili per arrivare ad una riforma
elettorale in tempi brevi .
Le opzioni possibili sono, dopo tanto
discutere ,ormai chiarissime . Si tratta di capire ,però, se
i partiti siano davvero interessati a procedere nella
direzione di una riforma del sistema politico che non si può
fermare all'approvazione di una nuova legge elettorale .
Essi sono,ormai da anni,bersaglio di una contestazione
popolare che riguarda la loro stessa natura. Appaiono non
più come promotori della partecipazione politica,ma come
formazioni “ possedute “ da nomenclature inamovibili che
non sono disponibili a vedere regolata con legge la loro
vita interna.
La “ riforma della politica” sarà una
cosa seria ,quindi, se si pone mano contestualmente alla
legge elettorale,alla legge sui partiti per attuare i
principi contenuti nell'articolo 49 Cost. e al sistema di
finanziamento della politica. Si tratta una riforma non
facile,perché bisogna fare i conti con resistenze finora
rivelatesi insuperabili.
Non mancano le proposte di legge su
questi argomenti.Esse sono assai numerose e prevalentemente
convergenti nei contenuti .Eppure,nonostante la buona
volontà dichiarata dai diversi gruppi parlamentari,le
legislature si concludono e queste proposte rimangono
sistematicamente al palo di partenza.Si registrano
immancabilmente impuntature polemiche o veti che non
consentono di procedere all’approvazione di testi spesso a
lungo discussi.
Il confronto sulla legge elettorale
anche stavolta pare seguire questo copione.Si discute,sembra
che si sia pronti a chiudere l’ accordo,ma poi c’è sempre un
incidente di percorso che blocca tutto.
Le esperienze sin qui fatte stanno ad
indicare che di fronte al rischio di elezioni anticipate
tutti,o quasi tutti, ritengono conveniente far svolgere le
elezioni potendo disporre dello scudo protettivo del
“porcellum”,che consente ai partiti di nominare gli eletti.
Eppure ,stavolta, la strategia del
discutere per non decidere dovrebbe risultare impraticabile.
La Corte costituzionale , dopo la pausa estiva , si occuperà
della legge elettorale per sancirne l'incostituzionalità ,
magari una incostituzionalità parziale ma tale da rendere la
legge non più operativa . Il legislatore dovrà quindi
prendere atto della sentenza, riscrivendo per intero la
legge. Non è pensabile,infatti, che si possa salvare in
parte l’attuale legge elettorale ,che si possa soprattutto
conservare il privilegio, riconosciuto ai partiti, di
scegliersi i parlamentari da sottoporre poi alla ratifica
del corpo elettorale.
E, fatta la legge elettorale, sarà più
agevole varare quelle leggi di accompagnamento di essa a cui
si faceva riferimento.Si tratta di affrontare, insomma, una
vera e propria emergenza democratica con la consapevolezza
che la “grande riforma” ,quella che si occupa delle
architetture istituzionali,comincia proprio dalla
rivalutazione della democrazia dei partiti. Ed occorrono
delle leggi perché ciò sia possibile,considerato che i
partiti finora non sono stati in grado di procedere ad una
seria autoriforma. Fintantoché i partiti politici saranno
delle mere formazioni elettorali-sempre più spesso
formazioni a termine- essi non saranno in grado di
assolvere in modo dignitoso alle funzioni di rilievo
costituzionale conferite dalla Costituzione.
L'impopolarità dei partiti (oggi non
più di tre italiani su cento si fidano di essi ) è del
resto riconosciuta anche dagli addetti ai lavori , se è vero
che solo un partito ancora oggi ha il coraggio di
presentarsi con la qualifica di partito,il Pd. In questi
anni è accaduto che più calava la popolarità dei partiti,
più forti emergevano la natura statocentrica del partito -
cioè la tendenza ad acquisire sempre maggiore potere dentro
le istituzioni- e la ferma volontà ottenere più consistenti
risorse attraverso il finanziamento pubblico. Più i partiti
perdevano iscritti e più si rafforzavano le strutture
centrali e il primato di essi nelle assemblee elettive .
Era inevitabile che un popolo
frustrato si rifugiasse nell'antipolitica,che chiedesse la
fine dei partiti.E però i nuovi partiti,i movimenti nati per
dare voce alla società civile sono presto diventati partiti
personali, retti da autocrati che non hanno dato conto a
nessuno di ciò che facevano,neanche sul piano della gestione
finanziaria .
Occorre rifare insomma i partiti .Solo
a questa condizione la” grande riforma” può sortire gli
effetti sperati.Occore ripensare insieme la legge
elettorale e la forma di governo. Si tratta di non ripetere
l'errore fatto negli anni’ 90 quando si scelse un sistema
elettorale maggioritario senza valutare le distorsioni che
ciò avrebbe comportato sulla forma del governo rimasta
immutata.
Se poi si dovesse optare , come tanti
propongono ,per una forma di governo di tipo presidenziale ,
che impone di affrontare uno scrutinio nazionale , pare
ancora più necessario , come ammoniva Duverger cinquant'anni
fa, disporre di forti organizzazioni politiche a scala
nazionale, cioè di forti partiti . Insomma, la
personalizzazione dello scontro elettorale da sola non basta
per vincere le elezioni.
Ci troviamo quindi di fronte ad uno
stato di necessità che impone di ricorrere a rimedi estremi
. Il Presidente Letta di fronte al tentativo di
boicottaggio del ddl che riforma il finanziamento della
politica ha dichiarato che se l'ostruzionismo della
maggioranza dovesse continuare egli si vedrà costretto a
ricorrere al decreto-legge . Si tratta di una decisione
saggia. Ma non basta abolire il finanziamento obbligatorio
per sostituirlo con quello volontario.E’ tutto il contesto
del sistema dei partiti che va risanato attraverso regole
che siano vincolanti per tutti, tali da consentire il
ripristino di abitudini democratiche che innanzitutto
riguardano la vita interna dei partiti .
Abbiamo visto negli anni passati che
quando gli elettori sono chiamati a codecidere scelte che
contano, penso alle primarie fatte dal pd, la risposta c'è
stata ed è stata una risposta importante . Quando si tratta
invece di ratificare scelte già prese dei partiti
all'interno di oscure stanze si continua a registrare un
preoccupante calo della partecipazione .
Se perdura il rifiuto a porre mano alle
riforme della politica delle quali da anni si discorre
inutilmente, la strada del decreto legge pare essere
inevitabile . Si tratta di uno stato di necessità da
affrontare con i poteri di cui dispone il Governo . Bisogna
battere il partito trasversale del rinvio. È stato detto che
modificare la legge elettorale attraverso un decreto-legge
sarebbe una forzatura ,tenuto conto del contenuto
sostanzialmente costituzionale della legge elettorale . È,
però, di fronte alla prospettiva di un'altra elezione che
si svolge con una legge elettorale come quella attuale,
da tutti giudicata indecente ,occorre ricorrere ad una
soluzione di carattere straordinario.
Il Governo in questo caso si
troverebbe ad agire potendo contare sulla copertura del
Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale.
Letta ha dimostrato grande equilibrio nel gestire una
maggioranza al proprio interno divisa su troppe questioni
,senza far precipitare la situazione. Spesso si è trovato
nella necessità di fare degli annunci importanti con
riferimento a riforme ineludibili, e di essere costretto
poi nei giorni successivi a scegliere la strada del rinvio.
Nella materia di cui ci si occupa nessun rinvio,però, è più
possibile.
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