Il
centro-sinistra è riuscito a fare eleggere i propri
candidati alla presidenza di Camera e Senato. Si tratta di
due personalità emblematicamente rappresentative di un
“Parlamento nuovo”. L’elezione dei due Presidenti ha
confermato, però, la frattura esistente tra il
centro-destra ed il centrosinistra e fatto emergere la
scarsa rilevanza, almeno allo stato,nel nuovo Parlamento del
polo di centro. Il ballottaggio in Senato ha favorito
certamente il centro-sinistra che ha potuto acquisire,
grazie allo scrutinio segreto,voti anche al di fuori della
coalizione.
Quanto è
avvenuto con queste prime votazioni in Parlamento, tuttavia,
ci consegna una situazione ancora più confusa di quella
scaturita dalle elezioni. Vi sono stati dei senatori del
movimento di Grillo che si sono schierati a favore di
Grasso, e che rischiano l’espulsione stando alle
dichiarazioni subito fatte da Grillo (ma i grillini non
dovevano votare secondo coscienza?).
Tutto ciò
lascia presumere che se non si verificheranno dei fatti
nuovi sarà difficile mettere insieme una maggioranza in
grado di dare la fiducia al governo. Su questa scelta le
posizioni dei partiti difficilmente cambieranno rispetto a
quanto finora essi hanno annunciato.
Un governo
fatto con i voti determinanti di eventuali trasfughi -
Bersani si troverebbe oggi nelle stesse condizioni in cui
si è trovato ieri Berlusconi, a capo di un governo sostenuto
da una pattuglia di “responsabili” passati da uno
schieramento all’altro - farebbe di una maggioranza così
raccolta una maggioranza allo sbando.
Siamo,
insomma, di fronte ad una vera e propria emergenza
democratica, che il voto di febbraio ha certificato e che le
scelte finora compiute dai diversi dei leader stanno
confermando.
Meno di un
mese fa un elettore su quattro non è andato a votare; un
votante su quattro ha votato per Grillo; il 3% dei votanti
poi ha espresso un voto non valido. Insomma, circa il 55%
degli elettori con il voto o il non voto ha manifestato una
sfiducia totale verso l’attuale classe politica e la sua
capacità di autoriformarsi.
Bisogna
partire da questo dato allorché si valutano le strade utili
per salvare la legislatura o comunque consentirne l'avvio.
I
partiti che potrebbero formare il governo continuano a
spiegare cosa certamente non faranno, più che prendere atto
realisticamente di ciò che è possibile fare. Sul governo da
costruire i veti prevalgono sulla disponibilità all'accordo.
Il partito
più votato, quello di Grillo, dichiara di non essere
intenzionato a sostenere alcun governo che non sia il
proprio; guarda insomma ad un monocolore di minoranza.
Il Pd rifiuta ogni ipotesi di accordo con il Pdl,
ritenendo possibile solo l'intesa con i grillini. Il partito
di Monti a sua volta spiega che non intende appoggiare un
governo sostenuto da Grillo. Il Pdl è disposto ad allearsi
con tutti, ma non con i grillini.
Se queste
posizioni dovessero rimanere ferme, l'unica via d'uscita è
quella delle elezioni anticipate subito. Ma per fare nuove
elezioni occorre approvare la legge elettorale e alcuni
provvedimenti di accompagnamento che ”riformino la
politica”. I partiti non possono andare di nuovo di fronte
agli elettori a mani vuote.
Il paese
chiede una tregua operosa tra i partiti, rifiuta i veti
ultimativi, la ricerca di soluzioni impossibili che fanno
solo perdere tempo. E non può non indignarsi, in un momento
così difficile, di fronte ad una lotta per la leadership
che impedisce il confronto sulle cose da fare urgentemente.
Le alleanze
giuste non possono che essere quelle che consentono di fare
le riforme indilazionabili ed un governo che dia delle
risposte immediate ad un paese in stato di grave sofferenza.
Di fronte a
questa emergenza è da irresponsabili continuare a discettare
sui pericoli di inciucio, cioè di compromessi clandestini
e indecenti. Ed è fuori dalla realtà chi ritiene che bisogna
riesumare una nuova conventio ad excludendum, stavolta ai
danni non del Pci, ma del Pdl.
Negli anni
della guerra fredda, con il mondo diviso tra opposte
obbedienze ideologiche, quella conventio aveva un senso.
Aveva un senso anche perché c'erano maggioranze, tutto
sommato solide, in grado di governare. Inoltre, i partiti di
allora godevano di un prestigio tale da renderli credibili
quando si trinceravano dietro insuperabili questioni di
principio. Quei partiti meritavano rispetto perché,
nonostante i vincoli imposti dalla guerra fredda, sulle
grandi questioni che riguardavano il futuro del paese
riuscivano a dialogare, ad approvare importanti riforme..
Schieramenti che pur erano fortemente contrapposti sul piano
ideologico furono in grado di trovare un accordo su come
costruire il sistema democratico e pacificare il paese.
In un
momento così difficile ai partiti si chiede un atto di
generosità verso il paese;si tratta di provvedere ad alcuni
adempimenti non rinviabili, senza negoziare ritorni in
termini di spartizione del potere o di vantaggi elettorali.
Ma ad essi si chiede anche un atto di lungimiranza di fronte
all'ostilità di larghi settori dell'opinione pubblica e alla
propaganda devastante di chi lavora per il tanto peggio
tanto meglio, spiegando che da noi può, anzi, deve esistere
una democrazia senza partiti. Cosa che non accade in nessuna
parte del mondo.
Occorre in
questo senso assecondare gli sforzi che anche stavolta sta
compiendo il Presidente Napolitano, indifferente agli
attacchi e alle insinuazioni di chi ha visto anche nella
saggia presa di posizione dei giorni scorsi , per comporre
il devastante conflitto tra giudici e politici che minaccia
la tenuta delle istituzioni, il tentativo di favorire degli
inciuci funzionali alla formazione di una maggioranza.
Il Pd ha
la responsabilità, per i seggi ottenuti, di assumere tutte
le iniziative utili per consentire l'avvio della
legislatura. E deve farlo liberandosi dai condizionamenti
esercitati da chi ritiene che non si possono avere dei
nemici a sinistra, ammesso e non concesso che Grillo
ambisca a darsi una precisa identità politica.
Il paese ha
votato solo poche settimane fa, dando più o meno lo stesso
numero di voti ai tre principali partiti. Ci troviamo però
di fronte a tre partiti minoritari; almeno due di essi
devono mettersi d'accordo per fare una maggioranza nei due
rami del Parlamento.
Su un'agenda
minima delle cose da fare per tirare il paese fuori dai guai
è necessario confrontarsi, per poi costruire una
maggioranza. Non si tratta, in queste condizioni, di
un’alleanza strategica ma di un patto per dare delle
risposte subito ad a un paese che sta rischiando il
collasso sul piano economico e della coesione sociale.
Inseguire
Grillo all'infinito non porta da nessuna parte. Grillo non è
interessato al governo, ma è interessato a distruggere –lo
va ripetendo sin dal primo giorno dopo le elezioni-il
sistema dei partiti attraverso nuove elezioni.
Condividere
alcuni punti del programma di Grillo è cosa saggia. E ciò
che si sta facendo in Sicilia. Andare dietro Grillo
promettendogli la luna pur di fare un governo che non si
farà mai è un'operazione suicida che fa male al paese, ma fa
male anche a chi si è posto su questa strada perché
inevitabilmente non sarà compreso dagli elettori. Grillo ha
spiegato a chiare lettere che non crede nel rinnovamento dei
partiti, non crede nel modello di democrazia rappresentativa
disegnato dalla Costituzione, e che vuole liquidare un
sistema di democrazia rappresentativa fondato sulla
mediazione partitica per sostituirlo con forme di democrazia
plebiscitaria.
In Europa vi
sono stati e vi sono partiti che dicono di queste cose, solo
che non conquistano il 25% dei voti alle elezioni e non sono
in grado di creare, quindi, una situazione di pericolosa
impasse nel funzionamento del sistema politico.
Non possiamo
aspettare impotenti la palingenesi del sistema politico,
mentre si allarga l'area della povertà, le imprese chiudono,
vengono meno le risorse destinate alla cassa integrazione.
C’è il rischio concreto che tutto ciò possa portare a
forme ingovernabili di ribellismo sociale.
Non è
lasciando il paese senza risposte, senza un governo, e con
la prospettiva di nuove elezioni che rendano cronica
l’attuale situazione di stallo, che il processo di
rinnovamento della politica potrà fare dei passi avanti.
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