Mentre l’intero sistema dei partiti subisce i colpi
devastanti dell’antipolitica,si moltiplicano le iniziative
prodotte da movimenti della società civile,liste
locali,sindaci ed amministratori locali per dare vita a
reti,alleanze politiche ed aggregazioni di vario tipo
destinate a riempire,attraverso nuove forme di
partecipazione, il grande vuoto politico che si è andato
creando nel paese. E più cresce l’astensionismo più
legittimi risulteranno questi tentativi di dare voce
,attraverso la creazione di nuovi luoghi di discussione
pubblica,ad un paese non ha rappresentato, che magari
registra forme aggressive di apatia democratica, che tendono
ad acquisire i caratteri di un vero e proprio antisistema
politico. Non mancano da parte dei partiti,che sentono
sempre più forte sul collo il fiato di Grillo,il cui
movimento,stando alle intenzioni di voto, potrebbe
divenire il secondo partito italiano, e dei movimenti
spontanei che si moltiplicano in tutto il paese, di fare
qualcosa per dimostrare la volontà di cambiare, anche se è
difficile cambiare fintantoché le regole e le persone
rimarranno le stesse.
In Sicilia si vanno moltiplicando le iniziative dal
basso tendenti a creare forme di auto rappresentanza
politica che sfuggono al controllo dei partiti, sempre più
spesso avvertiti come una vera e propria controparte con la
quali evitare accuratamente ogni tipo di rapporto.Fondazioni
e movimenti che operano da tempo nel territorio rivolgendo
la propria attenzioni a particolari aree tematiche sembrano
intenzionati in questo contesto ad allargare la loro sfera
di azione,assunendo un prevalente connotazione politica
finora accuratamente evitata.Sindaci molto popolari nei loro
territori-emblematico il caso del sindaco di Ragusa De
Pasquale- riescono a mobilitare altri sindaci e liste
locali,per mettere con le spalle al muro i governi
regionale e nazionale finora parsi incapaci di valutare le
conseguenze che produrrebbe la bancarotta generalizzata dei
Comuni sulle condizioni di vita dei cittadini.Esponenti dei
movimenti giovanili lasciano i partiti in cui militavano
perché stufi di una politica “parlata” incapace sul piano
delle analisi e delle decisioni di cambiare le cose, anche
attraverso un ricambio generazionale dei gruppi dirigenti.
Si tratta di un numero crescente di persone che si vanno
organizzando con mezzi propri,che partecipano alle
discussioni sul rinnovamento della politica da chiunque ed
ovunque organizzate,che sono consapevoli delle differenze
che esistono all’interno di una partecipazione spontanea che
non è organizzata da nessuno ,che non ha capi,e che si
struttura attraverso identità plurimr che tendono via via a
ritrovarsi in uno stesso alveo.
Negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli incontri di
questo tipo,a Ragusa ,a Catania,a Palermo,addirittura dentro
l’Ars,e adesso ,sempre a Palermo ,al Politeama.Ciascuna
entità chiama i propri aderenti a partecipare,ad
ascoltare,a proporre.
Dove può portare un processo politico che nasce da tante
iniziative locali,senza un’unica regia?Esso può assumere
una forma federativa producendo una sintesi tra bisogni che
sono oggettivamente tra loro assai diversi?Può ,come
chiedono in tanti,dare vita, in una stagione così ricca di
appuntamenti elettorali,come quella che si annuncia,a nuove
polarità politiche?E per fare che cosa?Si tratta di
aggregazioni che fanno la concorrenza a Grillo mutuando i
linguaggi e le forme organizzative del suo movimento o
si tratta di un movimentismo diverso ,in grado di passare
dalla protesta alla proposta?Che ruolo avrà il mondo del
lavoro all’interno di esso,che peso avranno le posizioni
sfascite che in ogni movimento di base sono inevitabili?
Nel corso delle manifestazioni sinora organizzate,sia da
parte degli amministratori,sia da parte dei moltissimi
giovani presenti ,è stato giustamente sottolineato che nulla
è più lontano dall’antipolitica di questa voglia di
partecipazione,per discutere e decidere insieme,pur nel
rispetto di tante differenze.
Una rete di movimenti non può strutturarsi sulla base di
quell'apparente monolitismo che ha caratterizzato in questi
anni la vita nei partiti, considerato il fatto che lì a
comandare più o meno sono sempre gli stessi . Ebbene, le
diverse identità che coesistano nella rete in itinere
emergono attraverso il contributo dato da ciascuna di
esse alla definizione di una piattaforma comune. Tutto ciò
inciderà positivamente sulle scelte delle alleanze , che
devono nascere sulla base di affinità programmatiche e non
di patti omertosi, di giuramenti di fedeltà tra le persone
in grado di dar vita a trasversalismi che prevalgano sui
progetti e sulla capacità concreta di fare. In una rete di
movimenti nessuno potrà dare la patente di affidabilità a
nessuno a priori. Si formano affinità, e possono emergere
incompatibilità;a tutti va riconosciuto il diritto di
entrare e ovviamente di uscire dalle reti, per riscontrate
incompatibilità sul piano culturale e programmatico.
Questo significa che nella rete che si va aggregando non
ci possono essere ospitanti ed ospitati,differenze
tollerabili e intollerabili,all’interno di una comune lealtà
alla Costituzione e di una visione della politica come
attività essenziale per una società ben ordinata ,a
condizione che essa non sia privatizzata da oligarchie che
possedendo i partiti dispongono a proprio piacimento delle
libertà politiche di tutti.
Nelle discussioni pubbliche organizzate in questi giorni
non è mai emesso l'atteggiamento di ripulsa verso il partito
come comunità politica regolato dal principio democratico, è
emerso viceversa il rimpianto per un siffatto partito che
non c'è , e che potrebbe rinascere attraverso forme di
partecipazione che restituiscono al partito il carattere di
bene pubblico. È un fatto di grande significato politico la
riabilitazione del referendum, considerato che in occasione
delle ultime consultazioni referendarie si è tornato a fare
il quorum necessario per la validità della consultazione.
Sono gli stessi partiti a rendersi conto di questo
snaturamento loro funzioni, ma purtroppo essi non riescono
ad andare al di là dei segnali di ravvedimento che di tanto
in tanto mandano all'opinione pubblica, come nel caso delle
autorizzazioni a procedere e agli arresti che cominciano a
essere concesse . Si tratta però di andare oltre i segnali,
affrontando i nodi strutturali che portano al cattivo
funzionamento del sistema politico e allo stravolgimento
della vita interna dei partiti non più regolata da principi
democratici. Da questo punto di vista saranno significative
le scelte che si faranno, se mai si faranno, in tema di
attuazione dell'articolo 49 della costituzione, di
finanziamento della politica affidato soprattutto a chi
attraverso il partito vuole partecipare , e infine di
riforma della legge elettorale attuale che avendo
introdotto il sistema delle liste bloccate oggettivamente è
divenuta la madre di tutte le devianze di cui soffre il
sistema politico.
La nascita di una rete di movimenti che non fa
dell'antipolitica la propria bandiera, che considera le
differenze come una grande ricchezza all'interno di essa,
che vuole confrontarsi con la gente che protesta attraverso
proposte concrete che consentono il confronto pubblico sulle
cose da fare, soprattutto in Sicilia, dove l'immobilismo
decisionale ed il trasformismo politico nel corso di
questi anni hanno prodotto macerie che peseranno molto sul
futuro delle nostre popolazione ,può segnare la rinascita
della politica,con riferimento ai comportamenti e
linguaggi, al funzionamento delle istituzioni , alle facce
attraverso la quale queste si presentano all'opinione
pubblica . Passare dalla protesta alla proposta può essere
una sfida esaltante dopo anni in cui il confronto politico
ha latitato, perché si è parlato d'altro e non dei problemi
reali della gente, perché si sono messi all'opera tifoserie
contrapposte e non uomini e donne portatori magari di idee
diverse ma egualmente impegnati a ridare all'arena pubblica
un decoro perduto.
Una rete di movimenti impegnati a promuovere la
partecipazione, non deve produrre certamente un governo
della moltitudine, o una molteplicità di assise dove si
sostiene tutto e il contrario di tutto,e soprattutto una
folla di gruppi dirigenti vocianti incapaci di parlare
all'opinione pubblica con il coraggio della verità, cioè
senza nascondere la gravità dei problemi e senza affidarsi
alle virtù taumaturgiche di questo o di quel ciarlatano.
Lo sforzo che si sta compiendo, al di là degli esiti a
cui si approderà, è senz'altro meritorio. Non è privo di
significato in questo senso il fatto che i partiti,
giustamente preoccupati dalla distanza che cresce tra loro e
il mondo della gente comune, stanno cercando di
mimetizzarsi, di travestirsi, di trasformarsi in movimenti,
di prendere a prestito icone della società civile per
spiegare che adesso saranno diversi da quelli che sono stati
nel corso della seconda Repubblica. L'idea di liste civiche
locali, regionali, nazionali scaturisce proprio da questa
esigenza di presentare magari liste con le stesse facce, ma
con un altro simbolo e con una altra denominazione politica.
Si tratta di un maquillage che non può però nascondere la
realtà delle cose ; è bene che i partiti restino tali,
l'importante è che si dimostrino capaci di cambiare
realmente attraverso le scelte che faranno a partire dai
prossimi giorni in Parlamento le riforme istituzionali,
dimostrando di essere in grado di mettere in discussione le
formidabili posizioni di rendita negli ultimi tempi sempre
più abusivamente detenute .
Quando i sindaci si mobilitano per spiegare che i comuni
sono l'ultimo presidio esistente nel paese per difendere
uno Stato sociale che non può essere liquidato come il regno
dello spreco e delle ruberie, che esso va riformato, nel
rispetto dei principi di solidarietà,di un impegno di
lotta alla povertà e per la giustizia sociale ,non fanno
dell'antipolitica ma fanno un'altra politica, richiamando
soprattutto i partiti che hanno una tradizione riformista di
essere all'altezza delle eredità culturali che dicono di
volere rappresentare . E molti sindaci dicono tutto
ciò,oggi, senza cimentarsi in sparate inconcludenti,
destinate a impressionare la gente , come quella dell'uscita
dall'unione europea, o dell'uscita dall'euro .
Se il governo tecnico sbaglia allorché non coglie la
natura politica del conflitto che divide i governi europei
in tema di risanamento dei conti pubblici, comportandosi di
conseguenza ,a poco vale invocare un governo politico o
elezioni anticipate;in questo clima ciò peggiorerebbe la
situazione.
Pare giusto affrontare le questioni che riguardano le vie
d'uscita dal debito pubblico,sostenibili, consapevoli come
bisogna essere che allo stato non basta recuperare qualche
decina di miliardi per ridurre l'ammontare del debito,perché
si producano effetti automatici sulla crescita . Discutere
di tutto ciò pubblicamente, fa crescere nell'opinione
pubblica la consapevolezza che il paese dalla crisi può
uscire solo attraverso un'assunzione collettiva di
responsabilità e non affidandosi a vecchi o nuovi uomini
della provvidenza .
Vi è un preciso rapporto tra crisi economica e crisi
democratica; la crescita del paese dipende anche dalla sua
attrattività agli occhi degli investitori stranieri. E le
misure che puntano alla stabilità economica,alla difesa
dell'euro , se separate da quelle che garantiscono la
coesione sociale , sia sul piano europeo che su quello
italiano , riducendo le distanze in termini di sviluppo tra
il Nord al sud del paese,finiscono con il nuocere alla
democrazia . Un'Europa che non si preoccupa della qualità
della crescita e del modello di società che si vuole
realizzare non può diventare un attore politico globale.
Per risanare la democrazia non abbiamo bisogno di governi
tecnici(l’Italia è il solo paese europeo col governo tecnico
adesso),né di corsi di formazione politica che si rivolgono
ai giovani,di scuole di partito che avevano un senso quando
c'erano i partiti.Abbiamo bisogno di misure che favoriscono
la crescita, rispettando quel patto per la giustizia sociale
che sta alla base del rapporto di fiducia tra paese e
potere miracolosanmente creato dal costituente; e abbiamo
bisogno di un'inversione di tendenza nel rapporto tra la
politica e l'economia, soprattutto tra politica e
finanza, considerato che ad una finanza globalizzata
dominata da obiettivi speculativi, e dall'idea che
attraverso la moneta che produce monita si può dominare il
mondo, occorre contrapporre una strategia politica
altrettanto globalizzata di crescita fondata sulla
protezione dei diritti, non solo quelli economici ma anche
quelli civili e sociale. Una disciplina dei mercati
finanziari capace ,grazie a precisi divieti ,di
privilegiare ,attraverso l'impiego della grande liquidità
internazionale, l'economia reale può ridare alla finanza un
ruolo virtuoso nel senso che consente di finanziare bene e
servizi.
Ci rendiamo conto che questi obiettivi non si possono
conseguire solo organizzando meglio le istituzioni
regionali ,chè essi riguardano strategie che vanno definite
a livello nazionale e sovranazionale. E ,tuttavia, non si
può parlare del mancato sviluppo della Sicilia e delle
conseguenze che esso produce sul futuro delle giovani
generazioni senza prendere posizione in ordine alle
contraddizioni ed ai ritardi che segnano il processo di
integrazione,che non coinvolge una comune politica dello
sviluppo,della fiscalità,della sicurezza sociale.Ciò
comporta una riflessione politica complessa,che non ha nulla
a che vedere con le proteste e le proposte demagogiche.
Parlare all'interno della rete dei movimenti di
contesti e interdipendenze da cui dipende il nostro futuro
come siciliani significa fare buona politica,dare alle
iniziative spontanee che si stanno assumendo anche sostanza
politica che li rende molto più efficaci e meditate delle
sortite che hanno caratterizzato la vita politica
siciliana,insieme tumultuosa ed inconcludente ,di questi
anni.
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