Il risultato del primo
turno delle elezioni francesi ha confermato le previsioni
della vigilia.Hollande e Sarkozy passano al secondo turno .
La candidata dell'estrema destra ,Marine Le Pen, pur avendo
conseguito un innegabile successo, è rimasta abbastanza
distante dai due contendenti principali .
Dal voto esce quindi
consolidato un assetto quadripolare del sistema politico
francese, basato su due grandi partiti baricentrici e su
due ali estreme, a destra e a sinistra. Il doppio turno,
comprensibilmente, alle presidenziali comprime tale
moltipolarità,che però alle elezioni politiche può
riespandersi imponendo magari forme di coabitazione tra il
Presidente della Repubblica e il Premier. Ciò, quando si è
verificato, non ha, tuttavia, creato problemi insuperabili
ai fini della governabilità;le due maggioranze ,infatti,
quella presidenziale e quella parlamentare, hanno
convissuto senza utilizzare i partiti minori per
danneggiarsi a vicenda.
In un momento in cui in
Italia si parla di possibili nuove polarità che
consentirebbero di superare un bipolarismo- impiantato su un
sistema politico proporzionalista-che ha dato pessima prova
sul terreno della governabilità e della funzione di
rappresentanza, adottare un sistema a doppio turno potrebbe
consentire di conciliare la volontà alcuni partiti minori di
presentarsi agli elettori con la propria identità con l’
esigenza di formare coalizioni omogenee e in grado di durare
per un'intera legislatura. Da questo punto di vista ,il
doppio turno è meno costrittivo delle soglie di accesso alla
rappresentanza e dei premi di maggioranza , e porta i
partiti minori a riconoscere il ruolo guida del partito che
organizza la coalizione. Ovviamente, questa soluzione è
avversata da quei partiti che pensano di perdere la forte
capacità negoziale, espressa anche attraverso l'uso
spregiudicato del potere di veto, che è stata causa non
ultima del fallimento del cosiddetto bipolarismo
all'italiana.
Ma non è soltanto
questa la riflessione che ci induce a fare il voto francese
. Per la prima volta , come è stato sottolineato da tutti i
commentatori politici , nel primo turno elettorale lo
sfidante ha preso più voti del Presidente uscente . Ebbene,
se si considera che il candidato socialista agli occhi
dell’opinione pubblica non è certo un leader carismatico,
non rappresenta un pezzo di storia francese, non è insomma
un nuovo Francois Mitterrand , non pare dubbio che stavolta
abbia contato più che l'uomo una politica, o meglio una
forte volontà di cambiamento. E’ forte e diffusa nella
società francese la domanda di più giustizia sociale, e
quindi di più solidarietà verso chi sta peggio e di maggiore
impegno nella lotta alla povertà; è forte anche la volontà
di ridiscutere lo stesso modello di capitalismo che si è
andato affermando negli ultimi decenni ,un capitalismo che
presenta quel volto ferino di cui le popolazioni
dell'Europa occidentale avevano perduto la memoria grazie
ai progressi sociali conseguiti attraverso l'intervento
dello Stato nell’ economia .Si tratta di sentimenti assai
diffusi in Europa.
Se il candidato
socialista dovesse prevalere nel secondo turno -e la gran
parte dei sondaggisti ritiene che Hollande dovrebbe
farcela -vi sarebbero dei cambiamenti nella politica
francese destinate a riflettersi sulla politica europea.
Infatti, se Sarkozy è (insieme alla Merkel) il punto di
riferimento dei poteri forti non solo in Francia ma anche a
livello europeo,Hollande pare costituire , considerata la
sua storia politica e il suo programma elettorale, una
netta alternativa a tutto ciò che hanno in questi anni
rappresentato i due leader protagonisti dell’asse
francotedesco , che hanno parlato spesso per nome e per
conto di un direttorio europeo costituitosi di fatto .Hollande
ritiene che l'Europa debba puntare sulla crescita e
sull'occupazione nel contesto di una politica che deve
diminuire le diseguaglianze e colpire rendite e privilegi.
In questa ottica, il candidato socialista ha spiegato che
bisogna puntare sugli investimenti in infrastrutture e che
essi devono essere esclusi dai parametri di Maastricht. Si
tratta di capovolgere radicalmente la politica europea
fondata sui tetti stabiliti con riferimento alla spesa
sociale, e quindi sui tagli lineari da imporre alle risorse
destinate alle prestazioni sociali . Si è
cercato,sbagliando a giudicare dai risultati, di imporre al
livello di spesa pubblica una logica antitetica a quella
tipica dello Stato sociale europeo , che tende a garantire
pari opportunità ai fini dell'esercizio dei diritti di
cittadinanza.
Con la probabile
vittoria di Hollande, i rapporti di forza all'interno
dell'Ue tra lo schieramento mercati sta(che tende a
difendere l'euro a scapito dei diritti) e quello solidarista
(che considera lo Stato sociale una conquista
irrinunciabile), potrebbero cambiare. Non è un caso che il
candidato socialista in campagna elettorale, polemizzando
sulle misure anticrisi adottate finora in Europa, ha
spiegato che la BCE dovrebbe dare meno alle banche e più
agli Stati, proprio per consentire un rilancio della spesa
pubblica per creare più sviluppo .Per il candidato
socialista , insomma, lo Stato sociale non costituisce un
relitto del secolo scorso, il cosiddetto secolo
socialdemocratico, ma una conquista indisponibile per
garantire la coesione sociale e quindi per non alterare il
carattere prevalente delle democrazie europee,che sono , per
volontà dei costituenti, democrazie emancipanti. Su questa
impostazione Hollande dovrebbe attrarre su di sé molti dei
voti che sono andati a Martine Le Pen. Quella infatti della
Le Pen figlia è una nuova destra, non nostalgica, non
fascista, che contesta molti dei miti della globalizzazione,
e che soprattutto vuole ridurre gli spazi di manovra di cui
gode l’alta finanza a livello di decisioni che riguardano
l’interesse generale.
La crisi economica ha
dimostrato in questi anni che affidandosi al mercato non si
possono certo garantire i diritti;anzi, si rischia
l'anarchia economica , e quindi un inarrestabile
impoverimento delle nazioni . Tenuto conto di ciò , c'è da
augurarsi che un nuovo corso politico in Francia possa
rendere più forte l'Europa sociale rispetto all'Europa dei
mercati. È questa una grande opportunità per quei paesi
dell'Europa meridionale che hanno visto messe in discussione
, a seguito delle misure anticrisi adottate
dall’Ue,conquiste sociali che avevano consentito nei
passati decenni il formarsi di solide democrazie, anche dove
non c'erano tradizioni democratiche .
E se cambia il vento
in Europa , con riferimento alle politiche dello sviluppo da
promuovere , si avrà anche un riorientamento delle politiche
europee nei confronti dei paesi della sponda sud del
Mediterraneo . Finora l'Ue in questo campo è stata”
onniassente”; sono stati gli Stati , attraverso intese
bilaterali , a organizzare una politica mediterranea che non
ha impegnato l'Ue in quanto tale . Si tratta di affrontare
con più lungimiranza i problemi legati all'integrazione
degli immigrati extracomunitari nelle società europee ,
sapendo affrontare la questione che da questo punto di vista
pare la più complessa, quella dell'Islam d'Occidente . Uno
strumento fondamentale per creare coesione sociale , e
quindi legare i nuovi cittadini alla storia, alla cultura
dello Stato che li accoglie, è costituito dalle prestazioni
garantite dallo Stato sociale. In uno scenario europeo, in
questi anni ingessato intorno al direttorio franco-tedesco,
che si può rimettere in movimento in conseguenza delle
probabile svolta politica che vi sarà in Francia , anche
la politica estera italiana potrebbe giocare un ruolo più
attivo in Europa, soprattutto nella direzione di un
riorientamento della politica europea verso il sud del
Mediterraneo ; naturalmente a condizione di essere e di
apparire meno subalterna nei confronti della signora Merkel.
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